Trireme greca

Nome: Trireme greca
Notizie: La trireme era un tipo di nave da guerra che utilizzava come propulsione, oltre alla vela, tre file di rematori (da cui deriva il nome greco) disposti sulle due fiancate dello scafo. La trireme comparve dapprima nella Ionia tra il 550 e il 525 a.C., quale evoluzione della Pentecontera, per essere poi adottata dai Corinzi e, ben presto, anche dagli altri Greci. Le triremi vennero utilizzate (con qualche differenza costruttiva) anche da fenici e romani. Fecero anche parte della flotta persiana, sebbene tutte le triremi persiane, sia per costruzione che per equipaggio, fossero di provenienza fenicia, caria e ionica. L'importanza storica delle triremi è notevole. Esse divennero l'arma principale dell'antica marineria greca. Le triremi, lucidamente volute e guidate da Temistocle, sconfiggendo la flotta persiana nella celeberrima Battaglia di Salamina, diventarono protagoniste di un momento di svolta per la storia e i destini politici del Mediterraneo. L'utilizzazione delle triremi si prolungò fino a tutto il Medioevo, ma la fortuna della nave non cessò di esaurirsi facendola divenire il prototipo della galea. Era un'imbarcazione leggera, ad un solo albero, dotata di una vela rettangolare (e qualche volta triangolare). Le sue dimensioni erano snelle, circa 40 X 6 metri, con un ingombro laterale che raddoppiava con i remi protesi fuoribordo. Sulla prua, nella parte inferiore, si trovava il rostro, uno sperone in legno, rivestito di bronzo, con lame taglienti, che serviva a sfondare e successivamente ad affondare le navi nemiche. Il rostro si allungava, a pelo dell'acqua, per circa 2 metri. A poppa era presente un doppio timone. Nei modelli più evoluti erano presenti le murate con lo scopo di proteggere tutti i rematori dai colpi del nemico. Le triremi fenicie, ad esempio, avevano ponti più larghi, adatti ad ospitare più fanti, e murate per impedirne la caduta in mare. A bordo della trireme trovava posto un equipaggio di circa 200 uomini, di cui 180 rematori, la cui esatta disposizione è da sempre questione controversa. Rimane infatti difficile immaginare la possibilità di stipare in spazi così angusti un equipaggio così numeroso evitando al contempo che i remi entrassero in contatto e che l'innalzamento del baricentro, dovuto ai tre ordini di rematori, non compromettesse la stabilità della nave. Il resto dell'equipaggio era costituito, nella flotta greca, da 10 fanti di marina, 4 arcieri, vari ufficiali di bordo, dal comandante (ad Atene detto trierarca) e dalla figura più importante, quella del pilota, che, con la sua abilità nel manovrare il timone, poteva decidere le sorti della nave in battaglia. Gli arcieri avevano in dotazione arco e frecce, mentre i fanti di marina, protetti da grandi scudi rotondi, elmi e corazze di bronzo, erano provvisti di lance e giavellotti. I rematori erano invece disarmati. La caratteristica principale della trireme era il connubio tra manovrabilità elevata e velocità, permesso dall'abbinamento dell'imponente numero di rematori con masse e dimensioni ridotte. Per esaltarne le doti in vista delle battaglie, la nave veniva disalberata cosicché la spinta propulsiva rimaneva affidata unicamente ai rematori. Leggera e con pochissimo pescaggio, così da poter essere tirata in secca ogni sera, lunga e sottile, la trireme sacrificava la stabilità e la robustezza, alla velocità e alla manovrabilità estrema. Fragilità e instabilità ponevano alle triremi dei limiti nella navigazione, sconsigliandone alcuni utilizzi: le flotte evitavano il mare aperto e la navigazione notturna, preferendo il cabotaggio diurno. L'angustia degli spazi non consentiva peraltro lo stivaggio di grandi provviste, rendendo necessari frequenti scali. La notevole consistenza dell'equipaggio richiedeva l'adozione di notevoli cautele tese ad evitare che movimenti bruschi compromettessero la stabilità della fragile nave. Era poi cruciale garantire la sincronia della voga: al capovoga, in piedi in posizione centrale, spettava la scansione del ritmo, coadiuvato da due ufficiali a prua e a poppa, e da un suonatore di aulos. La remata veniva accompagnata dal grido di voga, adattato al ritmo di remata. Per le navi ateniesi sono attestate le forme caratteristiche di o opop, o opop e ryppapai. La remata si componeva di una fase propulsiva caratterizzata da un tempo di strappo netto e rapido, seguita da un tempo di recupero più lento. Le doti di agilità della trireme la rendevano estremamente adatta a una manovra di speronamento che, già utilizzata in passato con altre navi, divenne tecnica di elezione per le flotte di triremi. Il suo nome era diekplous e consisteva in un'ardita manovra di aggiramento laterale finalizzata allo speronamento della parte poppiera e condotta, a forza di remi, da una o più navi: La manovra doveva essere seguita da un repentino arretramento destinato a vanificare la reazione del nemico. La difficoltà della manovra ne riservava l'uso agli equipaggi più esperti. Lo speronamento frontale non fu praticato che dal 413 a.C., grazie alle migliorie apportate allo sperone di prua da parte dei Corinzi, con l'aggiunta di robuste orecchiette, di cui ci informa Tucidide. Una sua variante consisteva nell'impatto sui remi di una fiancata, teso a spezzarli e ferire i vogatori. Questa manovra richiedeva il ritiro sincrono dei remi della nave in attacco, ad evitare danni. L'altra tecnica consisteva nel classico affiancamento della nave nemica, in modo da esporla all'azione offensiva degli arcieri e permetterne l'abbordaggio da parte dei fanti di marina. Le navi che prediligessero tale tecnica, potevano incrementare l'equipaggio armato fino a 40 uomini.
![]() Stato: Greece Anno: 2011 |
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